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Smartphone lenti dopo 2 o 3 anni. Ecco perché

Ma è vero che gli smartphone dopo 2 o 3 anni vanno più lenti? Quante volte è capitato di dover riavviare il proprio smartphone perché bloccato in una qualche operazione? Ci si trova a disinstallare applicazioni inutili, a ottimizzare il sistema, a fare pulizia e così via. Se questa situazione si verifica spesso e si notano rallentamenti e malfunzionamenti generali, in un attimo si può decidere di cambiare telefono e acquistarne uno nuovo. In linea di massima tutto regolare… una cosa non funziona più e si cambia: ma se questa situazione fosse programmata? Il fenomeno ha un nome e ora vi spieghiamo di cosa si tratta.

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L’obsolescenza programmata

Obsolescenza è una parola un po’ strana e generalmente sta a indicare la perdita di valore nel mercato di un bene. L’obsolescenza programmata è un fenomeno che chiunque possieda un dispositivo tecnologico ha probabilmente sperimentato, anche senza conoscerne il nome. Parlando di smartphone, è quella situazione in cui il nostro dispositivo, dopo un paio d’anni, sembra rallentare o funzionare peggio. Purtroppo questo non è un caso, ma una strategia commerciale deliberata da parte delle aziende produttrici. Ecco i due esempi più comuni di obsolescenza programmata relativa agli smartphone.

Gli aggiornamenti

Chi produce smartphone (ma in generale tutte le aziende tech), progetta intenzionalmente i propri prodotti per diventare obsoleti o inutilizzabili dopo un certo periodo di tempo. Questo è spesso visto negli aggiornamenti del sistema per i telefoni, che possono rallentare o danneggiare i modelli più vecchi. Citando due aziende come Apple e Samsung, in Italia queste sono state multate per obsolescenza programmata. Multe imposte perché si è certificato che alcuni aggiornamenti possono peggiorare le prestazioni dei telefoni senza che gli utenti ne siano informati.

Le riparazioni

Un altro aspetto dell’obsolescenza programmata è legato alle riparazioni. I ricambi dei moderni smartphone possono essere costosi, ultimamente difficilmente reperibili e le riparazioni possono richiedere molto tempo. Per contrastare questo fenomeno la Francia ha istituito un parametro chiamato “indice di riparabilità”, una valutazione da 0 a 10 su quanto può essere “riparabile” uno smartphone, tenendo conto di aspetti come i costi dei pezzi di ricambio, la loro disponibilità e su quanto sia facile effettivamente intervenire sul dispositivo. Questo perché alcuni modelli di telefoni sono più facili da smontare rispetto ad altri.

Obsolescenza percepita

Forse più grave di quella programmata, perché appunto è imposta dalle aziende, l’obsolescenza percepita è legata al desiderio delle persone di avere sempre l’ultimo modello di smartphone. Siamo di fronte ad una vera e propria specie di dipendenza alimentata dalla dopamina, neurotrasmettitore associato al piacere e alla gratificazione.

Proprio per questo motivo, le aziende rilasciano un nuovo modello di smartphone ogni anno. In realtà, questi nuovi modelli non presentano poi così tante differenze rispetto ai precedenti. Facendo leva sul desiderio di avere sempre “l’ultimo modello”, anche se l’attuale smartphone che si possiede non ha nessun problema e funziona bene, alcune persone si precipitano sull’acquisto del nuovo dispositivo.

Le implicazioni

Secondo i dati, la durata media di un telefono in Europa nel 2020 era di 40 mesi (a livello globale quasi la metà), ma questo numero potrebbe diminuire in futuro. Questo perché fino ad ora, dopo l’adeguamento alla tecnologia 4G non ci sono state grandi innovazioni. L’avvento delle nuove tecnologie come il 5 o il 6G, o addirittura smartphone con chip in grado di effettuare direttamente chiamate satellitari, o la progressiva diffusione delle sim virtuali, porterà un peggioramento della situazione dei rifiuti di cellulari.

Oltre all’aspetto economico, che implica una spesa sempre maggiore per l’acquisto di nuovi dispositivi, emergono problemi anche a livello ambientale. Questi sono dovuti principalmente ai miliardi di telefoni scartati che diventano rifiuti. Si stima che solo una piccola percentuale di questi telefoni venga riciclata (il 20%), cosa veramente assurda visto che i metalli preziosi contenuti nei moderni smartphone potrebbero scarseggiare nei prossimi decenni.

Nonostante i dati non siano così incoraggianti, c’è ancora una piccola speranza per il futuro. L’opinione pubblica sempre di più si rivolge a queste tematiche e le aziende non possono ignorarlo. Inoltre il mercato dei dispositivi ricondizionati (smartphone, ma anche computer) sta crescendo, aspetto che può aiutare a ridurre notevolmente i rifiuti elettronici.

Conclusioni

In definitiva, consideriamo l’obsolescenza programmata una tematica critica, che coinvolge tanto l’economia personale quanto l’ambiente globale. Occorre quindi sviluppare urgentemente una maggiore consapevolezza e adottare comportamenti di consumo più sostenibili anche in termini di tecnologia. Avere l’ultimo modello di smartphone non è una necessità vitale, non vi renderà persone migliori. E nel caso il vostro telefono necessiti di riparazioni, valutate l’opzione di ripararlo piuttosto che sostituirlo. Queste semplici iniziative possono portare a significativi benefici nel lungo termine. Ricordiamoci che il potere del cambiamento è nelle nostre mani. Se progressivamente inizieremo tutti a scegliere percorsi più sostenibili, le aziende saranno costrette a seguirci. 

Simone Pifferi: Simone Pifferi. Copywriter freelance, può scrivere su tutto ma le sue passioni riguardano la comunicazione, il web marketing, il settore telco e l'editoria. Dopo la formazione umanistica si appassiona alla SEO, al web design e allo sviluppo di siti web. Attualmente collabora come copywriter con diverse web agency e blog di settore. Simone Pifferi su Linkedin