Che Apple viva in un ecosistema tutto suo non è di certo una novità, ma sembra proprio che questa volta abbia utilizzato il famoso detto “due pesi due misure”, utilizzando una politica sulla privacy più severa per le terze parti relative alle app. Scatta quindi l’indagine dell’Antitrust italiana che accusa l’azienda di Cupertino anche di fornire dati di qualità inferiore. Ecco quello che sta succedendo.
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L’istruttoria dell’AGCOM
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha quindi avviato un’indagine per esaminare se Apple abusi della sua posizione dominante nel mercato delle piattaforme di distribuzione online di app per gli utenti iOS. L’aspetto preso in esame dall’AGCOM riguarda la politica sulla privacy di Apple, che risulta essere più restrittiva per gli sviluppatori di terze parti rispetto a quella che applica a sé stessa, in particolare riguardo al consenso degli utenti al tracciamento dei dati.
Sembra che Apple richieda ai suoi concorrenti di utilizzare un prompt di richiesta del consenso per il tracciamento dei dati più visibile rispetto a quello per negare il consenso. In più, Apple userebbe un linguaggio che potrebbe dissuadere l’utente dal dare il consenso al tracciamento.
Nel documento stilato dall’AGCOM si legge che il prompt imposto da Apple agli sviluppatori di terze parti:
- pone, visivamente, in maggior risalto l’ipotesi di negazione, nel richiedere agli utenti, nell’ordine, di “negare” o di “concedere” il consenso;
- utilizza l’espressione “consenso di tenere traccia (enfasi aggiunta) delle attività svolte nelle app e sui siti di altre aziende” senza dare alcuna spiegazione del termine “tenere traccia” che potrebbe facilmente rappresentare un elemento di preoccupazione e dissuasione per l’utente;
- non evidenzia quali sono i vantaggi per gli utenti connessi alla pubblicità personalizzata”;
Differenze a livello tecnico
Oltre gli aspetti legati al prompt ci sarebbero anche evidenti differenze tra l’interfaccia di programmazione (in gergo API) SkadNetwork, quella a disposizione degli sviluppatori e inserzionisti terzi, rispetto a Apple Ads Attribution. La prima risulterebbe molto meno efficace, in più offrirebbe un accesso ritardato ai dati di conversione, restituendo risultati limitati e aggregati, rendendo lo strumento meno utile rispetto a quello utilizzato da Apple.
Infine il sistema ATT di Apple richiede un “doppio consenso esplicito” (double opt-in) per ogni accesso alle diverse app, obbligo non richiesto per le app sviluppate da Apple.
Possibili conseguenze della condotta di Apple
L’Antitrust ipotizza che la condotta discriminatoria di Apple possa ridurre la concorrenza, rafforzare l’ecosistema digitale di Apple, ridurre gli incentivi a sviluppare app innovative e ostacolare il passaggio degli utenti verso ecosistemi digitali concorrenti. Vedremo come si esprimerà in Italia l’AGCOM e se Apple dovrà adeguare le sue politiche riguardo le app di terze parti.