Il 5G è argomento di punta in questi mesi e lo sarà parecchio anche nel prossimo futuro. Mentre gli operatori telefonici e i vendor proseguono nei loro progetti per le infrastrutture che permetteranno l’utilizzo dei servizi di quinta generazione, la politica mondiale partecipa attivamente alla discussione. Con posizioni contrastanti. Ecco che il 5G diventa affare di Stato. Anzi, affare fra Stati.
In Italia si discute nuovamente sulla eventuale pericolosità delle emissioni elettromagnetiche. Il Presidente della Camera Roberto Fico del Movimento 5 Stelle intervenendo al convegno di Roma sul progetto 5G di Matera, ha auspicato che i lavori per le infrastrutture vengano realizzati in maniera capillare per garantire l’utilizzo dei servizi a tutta la popolazione.
Mentre ci si preoccupa, forse inutilmente, di eventuale pericolosità delle emissioni sulla salute, ad oggi in Italia esiste ancora un ampio e grave divario nella popolazione che impedisce a molte persone di accedere alla connessione in banda ultralarga.
Un gap che per Fico deve essere assolutamente colmato.
Per Fico infatti: occorre mettere in campo gli investimenti pubblici e privati e le altre misure legislative e regolatorie necessari per consentire a tutti di accedere al 5G.
Insomma sulla quinta generazione si stanno riponendo davvero grandi speranze a più livelli.
Al progetto del 5G per Matera stanno partecipando TIM, Fastweb e Huawei. E proprio l’azienda cinese è al centro della politica estera già da tempo e rischia di aprire davvero seri conflitti politici a causa della poco diplomatica amministrazione Trump.
Per Trump, il 5G in mano cinese mette a rischio la sicurezza nazionale degli Stati occidentali.
Proprio a questo proposito anche in Italia si sta analizzando la situazione ma per ora il Mise smentisce problemi imminenti con l’ azienda.
Dal punto di vista italiano, sembra sia in progetto la possibilità di istituire una certificazione che indichi senza dubbi quali sono le reti più sicure. Cosa che già si sta facendo in Germania dove anche la Zte ha avuto i suoi problemi ed è pronta a lavorare in Italia con un Security Lab.
Nel frattempo l’amministrazione americana di Trump ha sguinzagliato il suo Segretario di Stato Mike Pompeo che ha fatto un viaggio in Ungheria, Polonia e Slovacchia proprio contro Huawei, sospettata di utilizzare le proprie infrastrutture per fare spionaggio per il governo cinese. L’intenzione sarebbe quella di bloccare l’azienda anche in una parte dell’Europa.
Ungheria e Polonia potrebbero essere i territori maggiormente interessati da questa possibilità secondo Pompeo che ha dichiarato alla stampa a Budapest: vogliamo essere sicuri che sia in grado di mostrare a questi paesi le opportunità e i rischi nell’usare quel tipo di equipaggiamento tecnologico.
La società cinese però da tempo nega di svolgere missioni di intelligence per conto del proprio governo e che in Ungheria già si utilizzano per il 70% tecnologie di rete cinesi. Motivazioni che poco convincono il governo americano che rimane ancora sospettoso. Gli USA sono arrivati a minacciare il ritiro di tecnici americani da quei data center in cui si utilizzano apparecchiature cinesi.
Gli americani insomma non vogliono gli orientali e questo atteggiamento rischia di creare incidenti diplomatici molto gravi. Sopratutto tirando in mezzo paesi come Ungheria e Polonia, ormai molto distanti dalle politiche dell’Unione Europea e su questo pericolosamente vicini agli “estremismi” degli Stati Uniti.
La questione rimane aperta e si spera venga risolta al meglio per buona pace di tutti quanti noi, che vogliamo guardare alla quinta generazione delle telecomunicazioni con positività, nella certezza di un ulteriore miglioramento del nostro quotidiano.
L’Est Europa contro la Cina
Dalla Polonia intanto arriva la notizia dell’imminente divieto per Huawei di sviluppare reti 5G nel paese.
Questo divieto arriverebbe dopo l’arresto di un ex funzionario dei servizi polacchi e di un dipendente cinese di Huawei, entrambi con l’accusa di spionaggio. Pesante il clima da guerra fredda a sfondo tecnologico.
Ma davvero è solo una questione di sospetti di spionaggio oppure si teme uno strapotere della Cina a svantaggio di altre aziende occidentali?
Rimane ora da capire come e quanto questo scenario non proprio idilliaco possa in qualche modo influenzare anche l’apporto che l’azienda cinese sta dando all’Italia.
Per il momento il Governo Italiano non sembra mostrarsi particolarmente turbato da quanto sta accadendo in questi paesi europei con l’amministrazione americana.
Per quanto riguarda i 5 Stelle, in varie occasioni hanno sempre mostrato molto interesse per la politica di Trump, quindi sarà interessante osservare cosa accadrà prossimamente.
Huawei così come ZTE sono tra i maggiori produttori di dispositivi venduti agli operatori telefonici italiani tra cui TIM. È chiaro quindi che ci sono in ballo interessi economici notevoli che rischiano di saltare.
Conviene quindi, come qualcuno ha auspicato qualche mese fa, chiudere i rapporti con la Cina e magari affidarsi completamente ad aziende europee come Nokia, Ericsson oppure l’americana Cisco?
Sul fronte opposto le tecnologie messe a disposizione da Huawei anche per l’Italia sono affidabili e poco costose rispetto ad altre aziende del settore ma il sospetto spionaggio appare concreto e pericoloso se applicato proprio al mondo 5G.
Infatti parliamo di tutta una serie di servizi che non si limiteranno certo alla semplice telefonata o connessione internet ma a tutta una serie di applicazioni che riguardano la vita quotidiana di ognuno di noi.
Le applicazioni di domotica subiranno un notevole sviluppo rispetto alla situazione assolutamente embrionale attuale. Saremo ulteriormente connessi e quindi potenzialmente più esposti ad attacchi esterni. Per cui è certamente d’obbligo interrogarsi su chi davvero sarà in grado di gestire informazioni intime di ciascuno di noi così come i dati di intere nazioni. Perché a pensarci bene sembra tutto un po’ Black Mirror ma è più reale, e dietro l’angolo, di quanto si possa pensare.